Nel Mar Mediterraneo vivono regolarmente otto specie di cetacei, ne esistono anche quattro “occasionali” e sette “accidentali”. Comunemente si possono osservare sette specie: la balenottera comune (Balaenoptera physalus), il capodoglio (Physeter catodon), il grampo (Grampus griseus), il tursiope (Tursiops truncatus), il globicefalo (Globicephala melas), lo zifio (Ziphius cavirostris) e la stenella striata (Stenella coeruleoalba). Dati relativi a spiaggiamenti rivelano la presenza di cetacei meno comuni, tra cui la balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata) e la pseudorca (Pseudorca crassidens). Raramente sono state invece avvistate le orche (Orcinus orca).
A seconda delle specie può risultare più o meno facile riuscire ad osservare questi animali. Molti di essi vivono lungo la scarpata continentale, lontano dalla costa, e solo alcuni sono costieri e facilmente avvistabili. Alcune specie sono “attratte” dalle imbarcazioni, mentre altre ne sono spaventate. Prima di uscire in mare è quindi molto difficile, se non impossibile, riuscire a prevedere quanti e quali animali si riusciranno ad avvistare. Andando per mare può capitare di imbattersi per caso in delfini e balene, ma se l'intento è proprio quello di avvistarli, condizione necessaria è quella di impegnarsi attivamente nella loro ricerca. Per scoprire delfini e balene, occorre porsi in una posizione elevata rispetto alla superficie marina, prestare continua attenzione all'acqua intorno, e distribuire lo sforzo di ricerca su una porzione di mare la più ampia possibile. Per questo motivo è utile dividere l'intero orizzonte libero tra le persone a bordo. I cetacei non sono facili da avvistare, stanno in superficie solo per brevi intervalli di tempo, spesso facendo emergere la sola pinna dorsale. Per riuscire a scoprirli occorre concentrarsi attentamente su ogni movimento della superficie marina, alternando costantemente la visione ad occhio nudo e quella con il binocolo. Il binocolo migliore da utilizzare è quello marino 7X50, che consente di avere un'ampia visuale, permettendo anche la visione di piccoli dettagli. Ingrandimenti maggiori possono risultare difficili da utilizzare, a causa del continuo movimento della barca e della connessa difficoltà nella messa a fuoco. Quando le condizioni meteo non sono ottimali e sul mare si formano delle piccole creste bianche, diventa quasi impossibile riuscire a scoprire delfini e balene. Per questo motivo gli avvistamenti di cetacei si effettuano normalmente con uno stato del mare inferiore o pari a Beaufort forza 3. La luce è un altro parametro da considerare quando si cercano i cetacei. E' utile tenere presente che la luce radente del mattino e quella della tarda serata offrono migliori condizioni di avvistabilità rispetto a quella del giorno pieno.
Una volta avvistato qualcosa di interessante, il passo successivo consiste nel riconoscere di che cosa si tratta. In prima analisi occorre capire se si tratta effettivamente di un cetaceo o se non si tratta invece di un pesce che nuota in superficie. In seconda analisi si passa all'identificazione della specie incontrata. Il tempo a disposizione per l'identificazione della specie è di solito molto ristretto, occorre quindi concentrare la propria attenzione sulla seguente serie di particolari morfologici: il profilo di emersione, le dimensioni, la forma della pinna dorsale, la forma del capo, la colorazione, la forma e la posizione del soffio. Lo studio preventivo delle caratteristiche delle singole specie faciliterà l'operazione di identificazione su campo.
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Il mare ha sempre affascinato l’uomo, sua fonte di ispirazione e richiamo verso l’infinito. Il mare è stato, a seconda delle volte, mezzo di trasporto e ostacolo, fonte di ricchezza e forza devastatrice. Fin dai tempi più remoti l’uomo ne ha solcata la superficie e ne ha sfruttato le risorse. La navigazione e la pesca sono arti millenarie che testimoniano proprio questo antico legame tra l’uomo e il mare, presente in culture diverse e diffuso su scala globale.
Rispetto ad altre attività legate all’ambiente marino, la navigazione da diporto ha conosciuto uno sviluppo notevole soprattutto nell’ultimo secolo, in particolare nei suoi ultimi venti anni. Questo sviluppo repentino ha portato al manifestarsi di fenomeni di deterioramento della qualità dell’ambiente marino, soprattutto nelle aree più interessate dalla navigazione ricreativa. Come tutte le attività umane, infatti, anche la navigazione genera uno stress sull’ambiente naturale, che spesso risulta insostenibile.
Il concetto filosofico di “sostenibilità” viene applicato all’analisi dello sviluppo delle attività umane, con forti implicazioni per la conservazione dell’ambiente naturale, dal 1992, anno della Conferenza di Rio su Ambiente e Sviluppo. Per la prima volta, nell’ambito di questa conferenza, si è parlato di “Sviluppo Sostenibile”, inteso come quello sviluppo delle attività umane che consente la conservazione dell’ambiente naturale e della biodiversità in modo che anche le future generazioni possano usufruire delle risorse naturali presenti al giorno d’oggi. Collegati al concetto di sostenibilità sono anche quello di conservazione dello “status quo” dell’ambiente naturale e del suo miglioramento.
Spesso chi va per mare prova un profondo senso di rispetto nei confronti dell’ambiente marino, tuttavia la mancanza di informazioni circa le conseguenze dei propri comportamenti, rischia di portarlo a generare un effetto negativo sull’ambiente circostante. Tale effetto si esprime in termini sia di inquinamento, sia di deterioramento meccanico degli ecosistemi naturali.
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